LINEE GUIDA SULLA GESTIONE DELLE SCADENZE AL TEMPO DEL CORONAVIRUS
Avv. Alfredo Tacchetti
L’approdo alla cosiddetta fase-2 comporta che si inizi a ragionare sulla graduale ripresa delle attività.
Insieme alla ripresa delle attività, torneranno a regime ordinario vari termini sostanziali e processuali variamente interessati dalla normativa emergenziale che si è succeduta. Se si vuole, dunque, dare conto della fine del periodo di congelamento dei processi civili, dell’incidenza delle misure di contenimento rispetto all’adempimento delle obbligazioni, al maturare delle prescrizioni e delle decadenze, nonché allo scadere dei titoli di credito, occorre preliminarmente ripercorrere le tappe della legislazione rilevante.
La prima normativa in materia è rappresentata dal decreto-legge 2 marzo 2020, n. 9 («Decreto Emergenza») il cui art. 10 dispone, per i soggetti con residenza o sede operativa ovvero con attività lavorativa, produttiva o funzione nei comuni di cui alla zona rossa originariamente individuata dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1° marzo 2020 (Codogno ed altri comuni del lodigiano per intenderci), la sospensione, dal 22 febbraio al 31 marzo 2020, dei «termini perentori, legali e convenzionali, sostanziali e processuali, comportanti prescrizioni e decadenze da qualsiasi diritto, azione ed eccezione, nonché dei termini per gli adempimenti contrattuali», compresi i «termini relativi ai processi esecutivi e i termini relativi alle procedure concorsuali», nonché, in generale, la sospensione dei termini «di svolgimento di attività difensiva e per la presentazione di ricorsi giurisdizionali», e, specificamente, la sospensione dei termini «relativi a vaglia cambiari, a cambiali e ad ogni altro titolo di credito o atto avente forza esecutiva».
Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell’8 marzo 2020 sono state rimodulate le aree di intervento e sono state disposte ulteriori misure: sono state ricomprese in una nuova zona rossa tutti i comuni della regione Lombardia e tutti i comuni di alcune province dell’Emilia-Romagna, del Piemonte e del Veneto.
Con riferimento a questi ultimi comuni, quindi, le sospensioni (che già erano state disposte per i primi comuni di zona rossa con decorrenza 22/02/2020) sono estese dal 9 marzo 2020. Il giorno dopo, il Presidente del Consiglio dei ministri con decreto del 9 marzo 2020 ha applicato a tutto il territorio nazionale il decreto dell’8 marzo 2020 e quindi ha esteso a tutti i comuni italiani le originarie misure di sospensione dei termini sostanziali e processuali.
In sostanza, dunque, la sospensione dei «termini perentori, legali e convenzionali, sostanziali e processuali, comportanti prescrizioni e decadenze da qualsiasi diritto, azione ed eccezione, nonché dei termini per gli adempimenti contrattuali», compresi i «termini relativi ai processi esecutivi e i termini relativi alle procedure concorsuali», nonché, in generale, la sospensione dei termini «di svolgimento di attività difensiva e per la presentazione di ricorsi giurisdizionali», e, specificamente, la sospensione dei termini «relativi a vaglia cambiari, a cambiali e ad ogni altro titolo di credito o atto avente forza esecutiva» hanno efficacia:
- • Per i soggetti con residenza o sede operativa ovvero con attività lavorativa, produttiva o funzione nei comuni di cui alla prima zona rossa, con decorrenza 22/02/2020;
- • Per il resto d’Italia, con decorrenza 09/03/2020.
Devono essere esaminati, però, ulteriori e più dettagliati provvedimenti.
Per quanto riguarda i termini processuali, il decreto legge 8 marzo 2020, n. 11, ha stabilito la sospensione, con alcune eccezioni, di tutti i procedimenti civili e dei relativi termini dal 9 marzo sino al 22 marzo 2020.
Tale termine è stato poi prorogato – con successivi decreti – prima al 15 aprile e poi all’ 11 maggio 2020. Per quanto riguarda i termini sostanziali (scadenze di pagamento, di titoli di credito, scadenza rate mutui, etc..), l’art. 11 del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23 («Decreto Liquidità»), relativamente alle obbligazioni cartolari (cambiali, assegni, tratte accettate) ha spostato in avanti il termine di scadenza dei titoli di credito sino al 30 aprile 2020 (e quindi, calendario alla mano, festivi inclusi, si va al 3 maggio 2020).
Non è stato invece specificatamente previsto alcunché con riferimento agli altri termini sostanziali (es. scadenze di pagamento ordinarie), per i quali – però - il comma 6°-bis, introdotto dall’art. 91 del “Cura Italia” (DPCM N. 18 del 17/03/2020), nell’art. 3 del decreto legge 23 febbraio 2020, n. 6, con l’esclusione della responsabilità del debitore per il ritardo conseguente all’osservanza delle misure di contenimento, ha di fatto confermato l’obbligo di osservare le scadenze contrattualmente fissate secondo il loro naturale decorso ed ha, quindi, abrogato ogni diversa previsione non espressamente richiamata.
In particolare ha abrogato la originaria sospensione sostanziale che era stata prevista per le prime zone rosse lombarde. Vale la pena sin da subito citare per esteso l’art. 91 D.L. 18/2020, in quanto si dimostrerà essere una delle poche norme emergenziali dalla diretta rilevanza pratica per le questioni che si tratteranno: “...il rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto è sempre valutata ai fini dell'esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente all'applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti.”
Ripercorse le tappe della normativa emergenziale che si è succeduta nel corso degli ultimi mesi, atteso come intorno a tutte le disposizioni appena richiamate aleggiano fumose interpretazioni, chi scrive intende offrire – senza pretesa di completezza – le soluzioni più prudenti per le differenti e più comuni fattispecie concrete.
OBBLIGAZIONI IN GENERALE (SCADENZE DI PAGAMENTO CONVENZIONALI)
Per le obbligazioni in generale, in forza di quanto predetto, a norma dell’art. 91 DL 18/2020 il debitore che si rende inadempiente per il rispetto prestato alle misure di contenimento (chiusura forzosa della propria attività) è sempre esente da responsabilità per l’inadempimento o per il ritardo.
Soccorrono, poi, talune norme del codice civile. Sul presupposto che le misure di contenimento possano essere considerate causa di impossibilità temporanea dell’adempimento, a norma dell’art. 1256 c.c. il debitore non è responsabile per il ritardo nell’adempimento fintanto che l’impossibilità (la chiusura della propria attività per effetto della vigenza della normativa di contenimento del virus) perdura.
Ciò significa che quando non sussiste più la misura di contenimento torna in capo al debitore l’obbligo di adempiere senza ritardo all’obbligazione assunta, che non si è mai estinta.
A norma dell’art. 1258 c.c., infine, le misure di contenimento potrebbero non determinare una impossibilità temporanea di adempiere, bensì un’impossibilità parziale di eseguire tutta la prestazione dovuta: in tal caso il debitore che adempisse solo la porzione di obbligazione possibile, sarebbe liberato dal resto dell’obbligazione.
I principi appena richiamati, valgono per le obbligazioni in generale (si pensi alle scadenze di pagamento convenzionali e stabilite tra le parti) oltreché –seppure con specifiche- anche per peculiari tipologie contrattuali che di seguito si tratteranno. E’ bene anticipare un paio di concetti che saranno utili anche per il prosieguo della trattazione.
1) Sarà fondamentale, nella gestione di ogni singolo caso concreto, l’intervento in prima persona dell’imprenditore volto al tentativo di ricomporre le varie situazioni attraverso buon senso e buona fede, non senza i buoni consigli di un professionista. Le azioni giudiziarie, come non mai, dovranno rappresentare un’extrema ratio: difatti è agevole immaginare come sussista un certo favor debitoris che rende scomoda la posizione del creditore quando questa appare fin troppo rigida.
2) Per ogni fattispecie concreta sarà necessario compiere un’attenta valutazione sia temporale che geografica. Come sopra accennato e come vedremo, non tutte le disposizioni hanno pari durata temporale, né tutte sono entrate in vigore allo stesso momento quantomeno con riferimento a taluni soggetti residenti in certe zone di italia.
LOCAZIONI
E’ bene distinguere tra i diversi tipi di locazione. Per quanto riguarda le locazioni commerciali di attività sottoposte a lock down, le uniche disposizioni emergenziali specificamente previste hanno introdotto un credito d’imposta applicabile però sui canoni regolarmente pagati.
Per intenderci, il credito postula che il canone sia versato al locatore. Ma se si ragiona sul fatto se quel canone scaduto durante l’emergenza debba essere pagato o meno, dobbiamo ragionare alla stregua dell’art. 91 D.L. 18/2020 (Cura Italia) che porterebbe ad escludere la morosità per effetto del mancato pagamento dei canoni di locazione a causa del rispetto delle misure di lock down (chiusura dell’attività) fintanto che le stesse permangono.
Da un punto di vista procedurale, poi, è previsto che non potranno essere emessi né provvedimenti di convalida di sfratto né ordinanze provvisorie di rilascio ex art. 665 c.p.c. Vi è di più: l’esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili (anche per morosità maturate al periodo antecedente all’emergenza sanitaria) è sospesa fino al 30/06/2020.
Come accennato per le obbligazioni in generale, potrebbero essere applicabili alle fattispecie di locazione i rimedi codicistici di cui all’art. 1256 c.c. e 1467 c.c., che possono rappresentare strumenti alternativi per la gestione della fase successiva al lock down. A norma dell’art. 1256 c.c., difatti, il debitore potrebbe legittimamente non adempiere per tutta la durata delle misure di contenimento al pagamento dei canoni dovuti, i quali però rimarrebbero interamente dovuti.
Al termine delle misure di contenimento, dunque, in capo al conduttore tornerebbe l’obbligo di pagare i canoni nel frattempo maturati ma non pagati, senza alcun risarcimento danni per il ritardo. Resta fermo che, al termine delle misure di contenimento, le parti dovranno inevitabilmente intervenire nella ricomposizione delle modalità di pagamento dei canoni dovuti: difatti non è immaginabile un conduttore che non sia riuscito ad adempiere ai vari canoni di locazione, essere in grado di pagarne più di uno – tutti insieme – al termine del lock down.
Sarà fondamentale un intervento diretto del locatore volto alla rimodulazione del contratto di locazione che tenga conto di tutto ciò: magari spalmando i canoni maturati sui canoni successivi, oppure prevederne il pagamento in capo agli altri canoni. Ai sensi dell’art. 1467 c.c., invece – o comunque-, le misure di contenimento possono aver determinato una eccessiva onerosità della prestazione del conduttore, il quale pertanto avrebbe diritto di chiedere la risoluzione del contratto.
La parte contro la quale è domandata la risoluzione potrebbe però evitarla offrendo una riduzione ad equità delle condizioni negoziali. La caducazione del rapporto contrattuale non appare soluzione auspicabile in questo contesto storico: la riduzione del canone -limitata al periodo di lock down- potrebbe, pertanto, rappresentare una soluzione intermedia che permetterebbe ad entrambe le parti di mantenere vivo il rapporto.
Su questo solco si leggono alcuni interpreti che invocando l’applicazione delle norme sulla impossibilità parziale della prestazione (1258 CC e 1464 CC), aprono la strada al diritto del conduttore a vedersi ridotto il canone di locazione per il periodo di chiusura della propria attività. I discorsi fin qui fatti, che ricollegano l’inadempimento al rispetto delle misure di lock down, non possono valere né per le locazioni di attività commerciali non sottoposte a lock down né per locazioni ad uso abitativo.
Unica eccezione sulle locazioni ad uso abitativo può essere rappresentata dalla locazione per studenti universitari (ad esempio), i quali a causa del rispetto delle misure di lock down, si sono visti nella impossibilità di raggiungere l’abitazione universitaria. Resta fermo che, per tutte le locazioni (anche abitative o di attività non sottoposte a lock down), anche per morosità maturate antecedentemente all’emergenza sanitaria, l’esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili per morosità sono sospese fino al 30/06/2020. MUTUI E LEASING Si impone di segnalare che il decreto legge n. 18/2020 c.d. “Cura Italia”, all’art. 56, prevede una moratoria sui prestiti e sulle linee di credito delle piccole e medie imprese.
Le piccole, medie e microimprese, che alla data di pubblicazione del decreto non abbiano esposizioni debitorie classificate come “deteriorate”, presentando un’autocertificazione con cui attestino di aver subito una carenza temporanea di liquidità quale conseguenza diretta della diffusione dell’epidemia da COVID-19, potranno sospendere fino al 30 settembre 2020, senza nuovi o maggiori oneri, le scadenze per il pagamento di rate di prestiti e mutui, di canoni di leasing e di prestiti non rateizzati.
È facoltà delle imprese richiedere la sospensione dei soli rimborsi in conto capitale. Eventuali elementi accessori al contratto di finanziamento (quali garanzie, assicurazioni e contratti in derivati) sono prorogati coerentemente senza formalità. A tali imprese, inoltre, non potranno inoltre essere revocati fino al 30 settembre 2020 i finanziamenti accordati a fronte di anticipi su crediti e le linee di credito concesse sino a revoca. Si precisa che la sospensione dei rimborsi non comporta segnalazioni come “eventi negativi di mancato pagamento”, anche se verranno comunque riportate sul Sistema di Informazioni Creditizie (SIC).
Per quanto qui di interesse, si segnala che per mutui e leasing è stato specificato che il piano di rimborso è dilazionato, con la conseguenza che viene rimodulato il piano di ammortamento: cioè a dire che se le rate sospese fossero pari a 3, il piano di ammortamento si allungherebbe per pari periodo. Questa impostazione, ad avviso di chi scrive, potrebbe apparire una soluzione idonea anche per ricomporre il contratto di durata delle locazioni, attraverso un incontro di volontà tra le parti.
TITOLI DI CREDITO: ASSEGNI E CAMBIALI
L’art. 11 del DL n. 23/2020 (entrato in vigore in data 08/04/2020) introduce una generale sospensione dei termini di scadenza dei titoli di credito emessi prima dell’entrata in vigore del decreto stesso e fino alla data del 30 aprile 2020. La norma stabilisce espressamente che “i termini di scadenza ricadenti o decorrenti nel periodo dal 9 marzo 2020 al 30 aprile 2020, relativi a vaglia cambiari, cambiali e altri titoli di credito emessi prima della data di entrata in vigore della presente decreto, e ad ogni altro atto avente efficacia esecutiva a quella stessa data sono sospesi per lo stesso periodo.
La sospensione opera a favore dei debitori e obbligati anche in via di regresso o di garanzia, salva la facoltà degli stessi di rinunciarvi espressamente”. I protesti levati dal 9 marzo all’8 aprile 2020 (data entrata in vigore del decreto) non sono trasmessi dai pubblici ufficiali alle Camere di Commercio e, ove già pubblicati, le Camere di commercio provvedono d’ufficio alla loro cancellazione.
Si segnala, però, che per i soggetti residenti nei comuni della prima zona rossa (Codogno ed altri 10 comuni del lodigiano indicati nell’allegato al DL del 2 marzo)), la sospensione dei termini «relativi a vaglia cambiari, a cambiali e ad ogni altro titolo di credito o atto avente forza esecutiva» ha efficacia a far data dal 22 febbraio 2020.
E’ d’uopo segnalare che intorno a tali disposizioni, aleggiano diverse interpretazioni tra buona parte della dottrina da una parte ed il Consiglio Nazionale del Notariato dall’altra, che tuttavia, sembra essere eseguito da (almeno) alcune prassi bancarie. In base a quanto stabilito dalla relazione illustrativa al D.L. n. 23/2020, con riguardo agli assegni bancari e postali, si sospende il termine di presentazione al pagamento del titolo a favore del beneficiario.
Ciò non impedisce ai beneficiari stessi, che desiderino e siano in grado di farlo, di presentare il titolo al pagamento in pendenza della sospensione; il titolo continua pertanto a essere pagabile dalla banca trattaria nel giorno di presentazione qualora vi siano i fondi disponibili sul conto del traente. Tuttavia, nell’ipotesi di difetto di provvista, varrà anche per il traente la sospensione della presentazione con conseguente temporanea inapplicabilità del protesto e della disciplina sanzionatoria dell’assegno.
In tale contesto non verrà quindi inviato il preavviso di revoca per gli assegni privi di provvista nel periodo di sospensione; se l’avviso di revoca è già stato inviato, il termine di 60 giorni per l’esecuzione del pagamento tardivo è sospeso. Tutti gli elementi necessari per determinare la possibilità o meno di procedere al pagamento del titolo (quali, ad esempio, la disponibilità dei fondi, la mancanza di autorizzazione) nonché quelli da considerare per ulteriori azioni (es. protestabilità o meno), verranno quindi valutati al termine del periodo di sospensione. Infine risultano sospese anche le eventuali segnalazioni già inviate alla Centrale di allarme interbancaria.
Tali segnalazioni, se già applicate, dovranno essere cancellate a cura dell’intermediario che le ha effettuate. Al termine del periodo di sospensione le banche riavviano l’iter funzionale al pagamento del titolo. Le indicazioni del Consiglio del Notariato, a cui la prassi bancaria evidentemente guarda, appaiono in linea con la disposizione normativa sopra descritta per quanto riguarda assegni bancari e postali, in quanto dal termine del periodo di sospensione ricominciano (o cominciano) a decorrere tutti i termini ad essi connessi. Per intenderci, dal 4 maggio (essendo stato il primo maggio festivo a cui ha fatto seguito il sabato e la domenica), hanno ricominciato a decorrere i termini (connessi alla presentazione) che dal 9 marzo erano sospesi.
Per quanto riguarda le cambiali, ci appare utile segnalare che il Consiglio Nazionale del Notariato fa una distinzione tra titoli cambiari che scadono decorsi un determinato numero di giorni dalla loro emissione (art. 51 legge cambiaria, scadenza “a certo tempo data”) e quelli che scadono a data fissa (“a certo tempo vista”).
Secondo il Consiglio Nazionale del Notariato, nel primo caso se i giorni di scadenza della cambiale ricadono nel periodo di sospensione (dal 9 marzo – dal 22 febbraio per la prima zona rossa- al 30 aprile 2020) il calcolo del termine di scadenza porterebbe ad uno slittamento in avanti di tanti giorni quanti sono quelli interessati dal periodo di sospensione.
Ad es.: cambiale emessa a Fermo il 15 febbraio 2020 scadente dopo 30 giorni, subisce un periodo di sospensione di 8 giorni (dal 9 al 16 marzo), il cui termine ricomincerà a decorrere il primo di maggio con scadenza di pagamento 8 maggio.
Nel secondo caso, invece, e cioè per le cambiali che scadono a data fissa il Consiglio del notariato, fa slittare la scadenza del titolo alla fine del periodo di sospensione di legge (3 aprile), ovverosia al 4 maggio (tenuto conto dei festivi e prefestivi 1-2-3 maggio). Per intenderci, secondo i notai -incaricati di elevare il protesto- che pare siano seguiti in questa interpretazione dalla prassi bancaria, la cambiale dell’esempio fatto sopra ma con scadenza a data fissa del 16 marzo 2020 scadrebbe il 4 maggio 2020.
Ma secondo questa tesi, anche una cambiale con scadenza fissa al 29 aprile scadrebbe ugualmente il 4 maggio. Mi pare una discrasia in primo luogo poco logica. Mi permetto di dissentire da tale interpretazione che nasce da una distinzione completamente estranea al dettato del decreto del DL 2 marzo 2020 che ha introdotto un concetto chiarissimo che è quello della “SOSPENSIONE” delle scadenze che presuppone il ricalcolo del termine sospeso una volta cessata la sospensione e non invece, come rischiano di fare i notai con la elevazione -prematura- dei protesti, un mero DIFFERIMENTO della scadenza.
Come dicevo, la prassi bancaria sembra seguire questo ragionamento, sicché già nel mentre stiamo scrivendo, forse le banche staranno portando ai notai le cambiali che avevano scadenza fissa dal 9 al 30 aprile 2020 e che risultavano insolute (al 4 maggio) per essere protestate, con il rischio che quei protesti siano illegittimi e che i debitori lamenti per questo motivo un danno risarcibile.